Il fondo pensione chiuso o negoziale, al contrario dei fondi pensione aperti, è un prodotto destinato solo a lavoratori che operano in specifici comparti d’attività (ad esempio metalmeccanici) o dipendenti che fanno parte di un’unica grande azienda.

Il fondo pensione chiuso viene chiamato in questo modo perché, come si può capire, solo alcuni lavoratori possono accedervi, a patto che siano legati tra loro con un contratto nazionale di categoria, ma non solo. Infatti esistono fondi destinati anche a coloro che sono impiegati in un certo ambito territoriale, quindi, province autonome o regioni.

Ad un fondo pensione negoziale si deve accedere obbligatoriamente. Per cui se si è dipendenti presso una certa azienda, che aderisce al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, è necessario sottoscrivere un piano presso l’ente che lo fornisce, oppure, ciò può avvenire anche in maniera tacita. Si tratta di un modo vincente per poter ottenere una pensione più cospicua in futuro.

Se hai bisogno di avere una panoramica completa sull’argomento ti consiglio di leggere la nostra guida dedicata ai fondi pensione.

Fondi pensione chiusi: quanti ce ne sono in Italia

I fondi pensioni negoziali sono stati istituiti nel 2005 con il decreto legislativo numero 252. Sono frutto, come abbiamo già anticipato, di accordi sindacali e contratti collettivi di lavoro, oppure, di regolamenti aziendali o regionali.

Ad oggi, in Italia, ne esistono 33 e si riferiscono a specifiche categorie di lavoratori. Ecco l’elenco di quelli più in vista:

  • Cometa, destinato ai metalmeccanici;
  • Fonte, per coloro che lavorano nel commercio;
  • Fonchim, destinato ai chimici;
  • Fondenergia per chi lavora nel settore petrolifero, acqua o gas.

Ci sono poi molti altri fondi pensione chiusi legati a settori specifici. Un esempio? C’è il fondo destinato a chi lavora nel proprio territorio come Fopadiva, Solidarietà Veneto, Laborfonds per chi lavora in Trentino Alto Adige, oppure, il Fondo istituito per i lavoratori della Regione Val d’Aosta.

Come funzionano i fondi pensione chiusi

A questo punto è necessario fornire le indicazioni su come funziona un fondo previdenziale del genere. Come abbiamo già detto si accede in maniera obbligatoria e a questo va destinato il trattamento di fine rapporto, oppure, un contributo saltuario e volontario, oppure, fisso. È bene ricordare, però, che in quest’ultimo caso non si può mai superare il 2% dello stipendio lordo.

I fondi negoziali possono essere gestiti da coloro che vengono classificati come organi autonomi ma, va detto, su questi vige sempre una sorta di supervisione da parte delle rappresentanze dei dipendenti. Infatti almeno il 50% dell’assemblea che si occupa della gestione del denaro è composta da tali personalità.

Chi sottoscrive questo contratto si trova a prendere una decisione irreversibile ma, al contrario, se non aderisce dopo i 6 mesi dall’assunzione è possibile cambiare idea, quindi, destinare il proprio TFR al fondo. Bisogna ricordare, però, che se non viene dato alcun parere sul fondo previdenziale, nel momento in cui si firma il contratto, vale l’assenso tacito e automaticamente il proprio denaro confluisce in questa sorta di deposito.

E se si vuole far confluire un familiare all’interno del fondo pensione? È possibile farlo ma va ricordato che è concesso ampliare il raggio d’azione solo per coniugi e figli fiscalmente a carico.

Le agevolazioni fiscali

Durante gli anni in cui verrà verranno effettuati i versamenti è bene ricordare l’applicazione di alcune agevolazioni fiscali. Infatti si può usufruire di una detrazione dei contributi versati con lo scopo di abbassare l’imponile annuale. Quindi l’importo delle tasse, inevitabilmente, scende. Ciò, però, è concesso fino ad una cifra massima di 5164 euro. Inoltre si ricorda che il TFR non rientra nel monte di ciò che è fiscalmente deducibile.

È bene sapere che ogni anno il fondo pensione matura un rendimento, su tali cifre la legge applica un’imposta sostitutiva pari al 20%. Infine quando si va a percepire la pensione bisogna pagare delle imposte poiché lo Stato classifica questo denaro come rendita finanziaria ma, attenzione, ci sono delle agevolazioni che spingono il dipendente ad averne uno. La tassazione risulta più bassa, per cui dal 26% scende fino al 15% e, con il passare del tempo, viene decurtato annualmente lo 0,30%.

Come viene liquidato il denaro?

Una volta raggiunta l’età pensionabile bisogna procedere alla richiesta di liquidazione del capitale. Ma come è meglio muoversi e che formula di rendita è più conveniente? La mensile o la completa liberazione del denaro accumulato? Si tratta di una scelta autonoma da compiere considerando sempre le proprie esigenze.

Cosa succede, però, se si vuole riscattare prima del tempo il denaro versato? Di sicuro si può optare per l’anticipo parziale, oppure, ottenere il riscatto completo di ciò che è stato versato negli anni.

Nel caso dell’anticipo parziale è necessario che si verifichino particolari requisiti, ad esempio, l’acquisto di una casa per se stessi o per i figli, ma solo dopo 8 anni dal primo versamento e nella misura del 75%. È concesso tale beneficio anche nel caso di ingenti spese mediche correlate a gravi patologie. Solo per questa situazione è possibile procedere anche prima degli 8 anni.

Il fondo pensione chiuso può essere liquidato nella misura del 50% nel caso di cassa integrazione, mobilità o disoccupazione. Nell’ultimo caso, però, è necessario che siano passati 12 o 48 mesi dall’ultimo lavoro.

Infine l’anticipo del 30% si ottiene senza dover fornire alcun genere di spiegazione ma, attenzione, anche in questo caso vale il vincolo degli 8 anni.

Il riscatto del 100% del fondo, invece, avviene solo quando si ricade in uno stato di invalidità permanente di oltre un terzo, morte, cambio categoria di lavoro o disoccupazione protratta per oltre 4 anni.

Fondo pensione chiuso: cosa fare se si perde o si cambia il lavoro

Bisogna specificare che il fondo pensione chiuso non viene mai intaccato nel caso in cui si perda il lavoro. Infatti si può mantenere la propria sottoscrizione senza conferire altri versamenti, a meno che, non si voglia continuare a destinare delle risorse volontarie.

E se si cambia lavoro? La posizione di previdenza complementare è possibile trasferirla da una certa categoria di lavoro ad un’altra. Il tutto avviene senza subire alcuna perdita fiscale o retrocessione nel livello di anzianità contributiva raggiunto con il tempo.

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